26 Mag Ricostruzione dell’assetto territoriale di epoca romana – Archeologia
La matrice storica di determinati assetti va ricercata in epoca medievale nella proprietà fondiaria della curtis, nel momento in cui la città, che nell’era imperiale era sempre stata il punto di riferimento principale all’interno del proprio territorio, si avvia verso una fase di declino; e prendono vita le circoscrizioni ecclesiastiche minori (parrocchie) medievali, chiamate pievi, comprendenti gli abitanti ivi inseriti.
Nelle pievi troviamo insediate sia le abbazie e i monasteri, con funzioni di bonifica delle aree impaludate, di dissodamento e di conseguente messa a coltura delle terre, che le organizzazioni laiche, dedite alla manutenzione delle strade e alla organizzazione dei mercati.
Questi tipi di aggregazione hanno inciso sull’assetto del territorio e sul sistema stradale e sono importanti anche ai fini di una ricostruzione a ritroso della rete viaria di età romana, di cui sono la razionale evoluzione.
A tale scopo è importante considerare materiali archeologici che normalmente costituiscono prove inequivocabili della presenza di una via di comunicazione miliaria: come le epigrafi funerarie che si trovano distribuite ai lati di strade importanti, mentre cappelle, oratori, ospedali, altari con piccoli tabernacoli erano posti all’incrocio di limites centuriali (cardi con decumani) e attestavano la vitalità medievale degli antichi percorsi viari di epoca romana.
La strada miliare “Comensis”: una vitale strada di comunicazione tracciata ancora oggi
Una via di comunicazione, riservata allora a viaggiatori, pellegrini, commercianti, si trova ad oriente di Affori e possiamo identificarla nella strada consolare Comensis, che corrisponde con certezza all’attuale Via Giuditta Pasta detta allora Comasinella e che, iniziando dalle mura della cerchia di Milano, a Porta Comacina, si dirigeva verso Nord congiungendo i paesi di Dergano, Affori, Bruzzano, Brusuglio, Cormano, Paderno, ecc. Ciò si ricava dagli studi degli antichi itinerari romani, come l’Itinerarium Antonini e la Tabula Peutingeriana [1].
Nel III sec. d.C. la Comensis era una strada di grande importanza soprattutto militare che univa la metropoli lombarda alla capitale del Lario. La strada iniziava dalla cerchia muraria di Massimiano, nel punto in cui via Broletto incontra via Cusani. A Ponte Vetero (dove si sono trovati i resti di un ponte romano) al bivio con via Sacchi, vi era una porta di città antica; in largo Cairoli vi era la “pusterla” [2] che si apriva sulla strada di Como e per questo detta “Porta Comasina”, che conduceva poi allo Spluga o in Renania, strada questa di una certa importanza per il collegamento con la sede imperiale di Treviri [3].
In corso Garibaldi, a un terzo del primo miglio romano [4], alla fine del IV sec. sorse lungo questa strada una delle quattro basiliche volute da sant’Ambrogio: la basilica Virginum, poi San Simpliciano. La strada, detta consolare, proseguiva per l’attuale santuario di Santa Maria della Fontana, Affori, Ospitaletto (toponimo di un’istituzione medievale per l’assistenza ai viandanti), Paderno Dugnano (settima pietra miliare), sede di una cappella dedicata a Santa Maria del Pilastrello, extra Padernium. La località denominata “Pilastrello” indicava l’ubicazione della pietra miliare (il miglio romano è pari a metri 1481,75). Le strade consolari con i relativi ponti e torri di segnalazione erano tracciate e costruite dai soldati delle legioni romane, i quali provvedevano anche alla posa delle pietre miliari.
Riferendoci ai toponimi e più precisamente alle località chiamate San Mamete in Valsolda vicino a Porlezza sul lago di Lugano [5] e Oltrona San Mamete, e agli altari dedicati al santo a Claino e ad Appiano Gentile, si potrebbe avanzare l’ipotesi che lungo questi paesi si snodava una via di pellegrinaggio con un itinerario probabilmente anche militare. I soldati, infatti, avevano una speciale devozione per san Mamete, che consideravano loro protettore, avendo egli sfamato, protetto e convertito le guardie del governatore Alessandro. Tale supposto percorso, iniziando da Porta Comasina, passava dalla chiesetta di San Mamete in strata Bolate (tipica menzione di un percorso di strada romana), poi da Claino, Appiano e Oltrona correndo quasi parallelo, e dunque alternativo, al percorso Comensis proposto da Palestra, per proseguire verso il lago di Lugano, a San Mamete di Porlezza e di qui, attraverso i valichi alpini, si ricongiungeva con l’antica strada romana che portava alle valli svizzere.
Le strade consolari in genere si sviluppavano, secondo il percorso del cardo romano, nella direzione sud-nord, con meta nella città principale; mentre le strade vicinali, secondo il percorso del decumano, erano tracciate nella direzione est-ovest. Una strada vicinale era quella che univa i vici di Villapizzone, San Mamete e Affori (grosso modo le attuali vie Chiasserini, Moneta e Zanoli), Niguarda, Prato Centenaro.
In una mappa del XVI secolo, relativa alla Visita pastorale di san Carlo Borromeo alla Pieve di Bruzzano, si vede segnato un cardo che attraversava le località di S.Maria della Fontana, Dergano, Affori, Bruzzano e Brusuglio.
Parallelamente a tale itinerario, spostato ad oriente, si snodava, nel fitto della boscaglia, un’altra strada che, attraversando Dergano e la Bovisa, consentiva agli abitanti del borgo di Affori (l’attuale via Cialdini), coi prodotti dei campi, di raggiungere Porta Tenaglia, dove poi sorgerà il Borgo degli Ortolani, ora zona Paolo Sarpi – Arena.
La Porta Tenaglia era opera di fortificazione intorno al Castello. Prende questo nome dalla sua forma caratteristica di recinto allungato a punte divaricate terminante a tenaglia.
La porta era attraversata da una pusterla di uscita verso il Borgo degli Ortolani. (v. mappa seconda metà del ‘700 inizi ‘800 ).
Durante l’assedio al Castello da parte degli Austriaci nel 1799 la porta e l’intero Borgo vennero distrutti. Il baluardo più settentrionale della Porta Tenaglia fu poi battezzato nell’Ottocento Porta Volta. [9]
La nostra cappella di San Mamete venne costruita forse su un antico rudere o tempietto romano al crocevia tra la strada militare romana (via Bovisasca) e la strada di Villapizzone (via Dante Chiasserini), l’una in direzione sud-nord (cardo), l’altra est-ovest (decumano), in presenza quindi di un limite centuriale. L’indicazione “S.Mamete in strata” fornita da G. da Bussero nel suo Liber Notitiae Sanctorum Mediolani e’ la testimonianza che l’oratorio venne costruito sull’antica via romana, in una zona ricca di fontanili, dove probabilmente gruppi di soldati sostavano e, promettendo un obolo di ringraziamento al santo martire nella speranza del ritorno, partivano per le Crociate al grido di “Dio lo vuole”. L’epoca in cui fu eretto S.Mamete coincide infatti con la prima crociata (1096-1099), che condusse alla conquista di Gerusalemme e alla creazione di un Regno cristiano di Palestina col feudatario Goffredo di Buglione “difensore del Santo Sepolcro”.
Don Alessandro Astesani, parroco di Santa Giustina dal 1800 al 1831, uomo di vasta cultura, storico ed archeologo, ha rinvenuto, intorno all’oratorio di San Mamete, vestigia romane del tardo-impero (anfore, capitelli, lapidi, monili e monete, oggi conservate al Museo Archeologico di corso Magenta a Milano (attualmente le stiamo ricercando perché risalgono ad un tempo di non protocollo dei reperti). Nella zona dell’ex Ospedale Paolo Pini sono state ritrovate tombe di soldati romani. Questi ritrovamenti farebbero supporre non solo il transito, ma anche lo stazionamento di truppe, lungo l’antica strada romana che s’identifica oggi con la via Bovisasca. L’ipotesi è suffragata dal fatto che la zona, essendo ricca di fontanili, poteva ben essere scelta per l’acquartieramento di eserciti, i quali abbisognavano di acqua in quantità per uomini e animali.
L’oratorio di San Cipriano, già indicato nel XII° sec. da Goffredo da Bussero nel Liber, era sulla destra della Piazzetta Pasquaro delle Galline, attualmente P.zza Cordusio. Dai milanesi era chiamato San Simplicianino, poiché dipendeva giuridicamente dal Convento di San Simpliciano. Venne eretto a parrocchiale ai tempi di S. Carlo Borromeo nel 1578, poi Oratorio di Scolari e nel 1584 venne affidato dall’Arcivescovo Gaspare Visconti alla congregazione della Concezione di Maria Vergine che lo custodì fino alla sua soppressione avvenuta nel 1786. Al suo posto fu eretta la sede del “Credito Italiano”.
Storia della via Bovisasca
Il toponimo è già attestato nel 1574.
Un tempo molti cascinali costellavano le campagne, tra cui la più nota era dai locali detta “Bovisa”, perché qui venivano a nutrirsi o pascolare i boves, cioè mucche e buoi.
La strada, contorta, passava per la Cascina Bovisa, che originariamente era un casino di caccia degli Sforza. Una galleria poi collegava la Cascina Bovisa con l’attuale Villa Simonetta e quindi col Castello Sforzesco.
Una curiosità: l’antica strada dove si trovava la Cascina Bovisa, ora distrutta, corrispondente all’attuale via Varè, è ricordata da Alessandro Manzoni nel cap. XI dei Promessi Sposi. e da un frammento di una grande lapide in marmo ora conservata al Castello Sforzesco ritrovato nel 1873 nella Cassina Valle, altra cascina sempre sulla medesima strada (l’attuale via Varè) che conduceva alla Cappella di S.Mamete.
[1]Cfr. PALESTRA, Strade romane in Lombardia, 1984, p. 6.
[2]Si dice “pusterla” o “postierla” quella piccola apertura che nelle fortificazioni del passato si trovava ad una certa distanza dalla porta principale di uscita dalla città, per assicurare un passaggio di emergenza.
[3]Cfr. M. MIRABELLA ROBERTI, Milano romana.
[4]Cfr. PALESTRA, Strade romane in Lombardia, 1984, p. 30.
[5]Cfr. la mappa della Valsolda eseguita dal sac. Cesare Pezzano nel 1612 durante la visita pastorale del Card. Federico Borromeo.
[6]Cfr. PALESTRA, Strade romane in Lombardia, 1984, p. 31.
[7]Cfr. nella raccolta Bertarelli, tav. 171, n. 1428, lo specifico su Porta Tenaglia e le porte in genere che uscivano dalle mura imperiali di Milano
[8]Conte Francesco d’Adda, primo marito di donna Teresa Litta Arese Visconti, sepolta insieme alla figlia Vittoria in San Mamete ad Affori
[9]Cfr. in Storia di Milano, Treccani.