Festa di san Mamete alla Bovisasca – Culto

Le funzioni religiose per la festa del 1807

Ricorriamo anche stavolta al prezioso plico di memorie sopra le funzioni religiose che si tenevano al principio dello scorso secolo nella nostra Parrocchia e che sono dovute alla non mai abbastanza lodata diligenza del Parroco di allora D. Astesani.
Abbiamo trovato dei fogli che ci danno il quadro delle funzioni che allora si compivano in onore di S. Mammete nella chiesa al Santo dedicata.

Diamo qui alcune notizie in proposito riservandoci di aggiungere alcune nostre considerazioni.

Don Astesani ci parla del cerimoniale seguito nell’agosto del 1807.
In quell’anno il 16 di agosto cadeva in domenica. Nel pomeriggio di detto giorno dopo i tre segni solenni delle campane di Schola di S. Giuseppe (la Confraternita maschile) il popolo processionalmente si portava dalla Chiesa Parrocchiale di S. Giustina all’Oratorio di S. Mammete per esporvi la Tabella delle Indulgenze. Infatti l’Em.mo Arcivescovo Card. Caprara aveva concesso ai confessati e comunicati, che visitavano l’Oratorio di S. Mammete, l’indulgenza di 100 giorni.
Durante il tragitto si cantava il “Benedictus Dominus”.

All’entrata dell’Oratorio si intonava invece la sallenda del Martire “Lex Dei” coi 12 Kirie. Si cantavano poi i vespri e si impartiva la benedizione col SS. Sacramento.

L’indomani 17 festa di S. Mammete, S. Messa solenne in canto. Prima della quale il celebrante in Pianeta assistito dai Ministri usciva dalla sagrestia e si portava poi dalla strada sulla piccola piazzetta di S. Mammete; sulle soglie della chiesetta veniva cantato il “Lex Dei” coi 12 Kirie.

Quindi dal celebrante veniva dato fuoco al “gossipium” o globo di bambagia, compiendosi quella cerimonia che si usa in tutte le chiese della nostra Diocesi dedicate ad un Santo Martire nel suo giorno natale.
Nel pomeriggio vespri e benedizione col SS. Sacramento.

Da ricerche fatte ci consta che la giornata che la tradizione dedica nella nostra Parrocchia a S. Mamete è il giorno 16 e non il 17, come risulterebbe invece dalle note dell’Astesani.
La quale cosa si spiega come in quell’anno 1807 il 16 cadeva in domenica ; ed allora per il rispetto che si aveva e si ha tuttora per le domeniche, consacrate al culto particolare della SS. Trinità e delle feste del Signore, la festa di S. Mamete si dovette trasportare dal 16 al 17.

da “La Buona Parola”, 1° agosto 1914

La festa di S. Mamete di un tempo

Ah! La Festa di S. Mamete di una volta, come ci viene ancora raccontata dagli anziani della Parrocchia.
Quando non la sola nostra Parrocchia, ma tutta la zona circostante si commuoveva, ed era un accorrere gioioso, festante di migliaia e migliaia di devoti, da ogni dove.
Da Novate, Bollate, dalla Bovisa, da Villapizzone, da Dergano, da Bruzzano, Niguarda, Sesto S. Giovanni, da più lontano. Ed anche dalla stessa città di Milano ove il clamore della nuova congesta sua vita di metropoli non aveva ancora cancellata un’usanza quasi millenaria.
Dai paesi ci si metteva in viaggio nel pieno della notte, per giungere di buon mattino, presto, presto ad ascoltare la S. Messa, a prendere la benedizione di S. Mamete.
E com’era pittoresco il vedere giungere di lontano, lungo le diverse strade comunali, i carri agricoli col loro andare zoppicante, rumoroso, trainati da cavalli, muli, asini, con sopra grappoli di uomini, donne, di grandi e piccoli che facevano giungere fra il verde di filari di gelsi i canti della serena vita campagnola.
S. Mamete si colmava ben presto di tutta quella folla, varia, festosa, che prendeva d’assalto la piccola chiesina, dove dall’Altare e dall’affresco cinquecentesco il piccolo Santo dava a tutti il suo saluto di ogni anno e distribuiva le sue grazie.

Le sue grazie! Sì! Particolarmente alle giovani spose, alle mamme in dolce attesa, o nella sublime funzione dell’allevamento della loro piccola creatura.

Come era avvenuto che il pio giovanetto divenisse il patrono particolare di tali categorie femminili di devote?
Forse perché egli in vita aveva abbondato nel distribuire il latte del suo gregge? Quel latte che nelle funzioni della maternità ha un posto così preminente?
Io credo di sì.
E le si vedevano le giovani, fiorenti spose ancora nelle gioie della prima vita coniugale venire con ai fianchi od al loro braccio lo sposo, entrare nella Chiesa, sostare a pregare quell’innocente Santino, che a suo tempo avrebbe pensato anche a loro, che anzi già cominciava a proteggerle forse nel segreto fiorire di una nuova loro vita.
Le si vedevano le mamme, trepide per “il pane” – come con pudibonda frase sogliono dire – della loro creaturina, afflitte forse perché la loro creaturina soffriva di qualche male, o non veniva come avrebbero desiderato….
S. Mamete avrebbe avuto una benedizione anche per il sangue del loro sangue. Ed a propiziarselo deponevano avanti la sua Immagine il loro dono; solitamente oggetti di biancheria, della stagione, che alla Festa di S. Mamete faceva la sua comparsa trionfale.

E nessuno c’era che tornasse a casa senza portare un piccolo o grosso involto di peritt di S. Mamett.
Così la Festa assumeva il tono giocondo di una vera fiera campagnola che anche i “cittadini” di P. del Duomo non disdegnavano, soprattutto allora che il Ferragosto non conosceva ancora le odierne evasioni in massa verso la collina, verso i monti.

Da “La Buona Parola” dell’agosto 1943

Una festa estraordinaria

… Alcuni antichi documenti del nutrito dossier di S. Mamete narrano del piccolo oratorio e della solennissima festa annuale che si celebrava con “estraordinario concorso de popoli” dei paesi circostanti.
La festa “estraordinaria” diventava non solo occasione di solennità religiosa, ma anche un incontro amichevole ed uno scambio di notizie e commerci dei prodotti delle proprie terre che gli agricoltori dell’hinterland milanese offrivano ed acquistavano.
Una festa religioso – popolana che accomunava fede, sentimenti, vincoli di amicizia, legami di parentela, interessi di scambio: un vero concorso di popolo che durava anche una settimana e culminava il giorno 16 agosto, in simbiosi con la tradizionale festa di S. Rocco (molto caro alle popolazioni contadine).

Il nome di Affori assunse chiara notorietà grazie anche a S. Mamete in quanto quelle feste agostane erano citate nei documenti (e quindi nella consuetudine) come le “ricorrenze de S. Mamete de Afori” un po’ come ” S. Giustina a foris”.
Il giovane martire era già famoso in altre parti dell’Italia settentrionale ed anche in Francia, ma nelle campagne milanesi il centro del culto era il S. Mamete di Affori.

Luigi Ripamonti
da “Affori: mille anni di storia”, ed. speciale de “La Buona Parola”, Milano 1995

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