San Mamete a Oltrona e in Lombardia – Culto

Il Prof. Gian P. Bognetti nel suo libro S. Maria in Castelseprio parla di missionari o monaci orientali, fuggiti dalla Siria nel 638 in seguito all’occupazione islamica e da Roma mandati nei vari paesi d’Occidente per la conversione dei Longobardi, pagani o ariani. La teoria è svolta dal liturgista Mons. Cattaneo, per spiegare certi influssi orientali nel rito ambrosiano: a Milano la situazione è caotica, l’Arcivescovo e gli alti prelati si rifugiano per ottant’anni in Liguria. Decomani milanesi (parroci della città e i maggiori esponenti del clero forense) e monaci orientali organizzarono la cura d’anime in Diocesi.
S’aggiunge un altro fatto: Leone III Isaurico (717-741), rozzo ed ignorante imperatore, scatena una furiosa lotta contro le immagini ed il culto dei santi, nonostante le proteste di Papa Gregorio II (715-731).
I monaci che organizzano soprattutto il contado per nostalgia o tacita protesta battezzano con nomi greci molti dei nostri luoghi e vi portano le devozioni a loro care, com’erano abituati in Oriente. Troviamo così dedicate a san Mamete a Milano chiese, ad Appiano una cappella.
Ad Oltrona in Monte, come allora si chiamava per i suoi colli, e specialmente per quello più alto (m. 430 sul mare) verso il nord, che richiamava coi suoi boschi e pendici il monte Argeo (m. 3800, presso Cesarea di Cappadocia in Turchia) si costruì una piccola chiesetta in onore del Salvatore, cioè di N.S. Gesù Cristo, nella quale fu eretto un altare in onore di san Mamette. Anche Goffredo da Bussero (sec. XII), nell’elenco dei santi venerati nella diocesi di Milano attorno al Mille, parla di Oltrona in Monte, dove si venerava il SS. Salvatore ed esisteva un altare a san Mamete. La chiesetta era edificata a ridosso di una torre di osservazione dell’epoca romana, come affermò il Prof. Bognetti in un suo personale sopralluogo il 27 settembre 1946. La cosa è verosimile, perciò anche il Bosca nel suo Martirologio Milanese nota che in quell’epoca reliquie insigni di san Mamete furono portate a Milano nella chiesa di Santo Stefano.
Secondo G. Broggi (cfr. la sua monografia su Oltrona San Mamette) nel 1160 la torre esisteva ancora, anzi, fu fortificata per le diverse calate in Italia dell’imperatore Barbarossa, che, dopo la sconfitta di Legnano, si ritirò definitivamente dalla penisola (siamo quindi nel periodo delle guerre comunali tra Como e Milano). O i comaschi o i milanesi ridussero ben presto la torre ad un rudere. In seguito la chiesetta fu ampliata con l’annessione della torre, che servì come presbiterio dell’altare maggiore, e ricomposta in quel modo in cui figura nello stemma di Oltrona. Ciò fu fatto fors’anche perché i beni di Oltrona appartenevano ai Benedettini del convento di S. Simpliciano in Milano. Difatti per una lite durata a lungo tra i Benedettini e i canonici di Appiano per questione di decime, i Benedettini potevano assicurare che i beni di Oltrona erano legittimamente in loro possesso per una bolla del 16 marzo1181, concessa dal papa Alessandro III e confermata dal papa Eugenio IV (1431-1447).
Nella visita pastorale ad Appiano e pieve, durata dal 17 ottobre al 5 novembre 1574, san Carlo Borromeo, o personalmente o per mezzo di convisitatori, constatò che la chiesa era in rovina. Avendo in Appiano affidata la costruzione della nuova prepositurale al Pellegrini, valente architetto, non è del tutto improbabile che costui, come asserisce il Broggi, abbia dato qualche suggerimento o addirittura compilato il disegno per il restauro o la nuova costruzione dell’attuale chiesa di S. Mamette.

Stefano Galli
Stefano Galli, sacrestano ultranovantenne della chiesa di San Mamette Oltrona, accende la candela sotto la statua del santo.

Il vero titolo della chiesa è il S.S. Salvatore: infatti in un documento del 1593 che si conserva nell’archivio parrocchiale e che riguarda la presa di possesso di un parroco, si parla solo del S.S. Salvatore, considerato come titolo esclusivo della parrocchia. Lo stesso dicono i documenti al tempo del Card. Benedetto Erba Odescalchi del 1734 e del Card. Pozzobonelli del 1747. La chiesa in quei tempi era deperita assai: mancava la volta, il tetto e le cornici erano in rovina; era inoltre chiesa cimiteriale e il pavimento cedeva. Fu pertanto interdetta per lo stato pietoso in cui si trovava.
Il nome di S. Mamette prevale alla fine del Settecento, dopo di che quello del S.S. Salvatore fu dimenticato. Il Card. Schuster diceva al parroco che ciò non andava bene e raccomandava che si celebrasse la festa al 6 agosto, giorno in cui si ricorda la Trasfigurazione di Nostro Signor Gesù Cristo.
Per quanto riguarda la sistemazione della chiesa, al principio dell’Ottocento, al tempo del regno Lombardo-Veneto, vi fu il progetto di un certo ing. Monti, documento conservato in archivio, dove si parla di un radicale restauro della chiesa, restauro che non fu però attuato in alcun modo.
Fu il parroco don Francesco Conti (1902-1933) che all’inizio del secolo scorso fece costruire la volta e un piccolo campanile e tante cure adoperò perché la chiesa non cadesse del tutto in rovina. Il 24 settembre 1905 S.E. Mons. Brioschi, arcivescovo missionario di Cartagena, la benediceva solennemente. Alfine, dal 1960 al 1967, il parroco don Giuseppe Cappelletti (1907-1980) più che riparazioni fece un restauro totale, costruendo “ex novo” scalinata, campanile, coro, locali laterali, scantinato e archi esterni, rendendo la chiesa più degna del culto di Dio. Nel 1998 don Luigi Discacciati provvedeva alla tinteggiatura esterna della chiesa.

don Giuseppe Cappelletti
(da “San Mamette in Oltrona”, 1968)

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